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La moda e gli esordi artistici (anni ‘50)

Da Ortezzano, piccolo e vivace borgo marchigiano sulla sommità di un colle sopra la fertile Valdaso, Marcello Savini si trasferisce a Milano negli anni successivi alla fine del secondo conflitto mondiale, spinto dal desiderio di aprirsi al mondo. Sono anni pieni durante i quali si lancia letteralmente in vari tipi di esperienza artistica. Giovane e appassionato di ogni forma artistica frequenta la scena culturale della Milano dell’epoca. Si iscrive alla Scuola di recitazione dei Filodrammatici si cimenta nella poesia, esordisce nella prosa e nel mondo del teatro e dello spettacolo e frequenta scuole di disegno.

Inizia a lavorare come modellista e stilista, dalla metà degli anni ’50 disegna collezioni presso importanti case di moda, Fimar, Ever, Baratta, presentate alle sfilate di Milano e Roma e pubblicate su riviste di moda e cultura.

Comincia, però, a coltivare un’ispirazione artistica ben più intensa e ad aprirsi ad altri linguaggi, essenzialmente la pittura e la grafica, esponendo i suoi primi dipinti al Circolo degli Artisti e alla Sala del Disegno a Brera a Milano, dove due suoi lavori vengono premiati.

A più riprese intervalla la creazione di moda a spostamenti in Germania, Olanda e Francia per immergersi nei fermenti artistici dell’epoca. A Parigi frequenta musei e gallerie d’arte e dipinge “en plein air”; Notre Dame, e Montparnasse, sono i suoi quartieri preferiti; fa vita in comune con gli esistenzialisti dell'epoca, bivaccando nel Boulevard Saint Michel.


“Vivere con quei ragazzi mi serviva, forse, per mascherare a me stesso la carestia dovuta alla mia crisi monetaria del momento, che non aveva niente a spartire con quella idealistica di quei simpatici ragazzi, con i quali stabilii subito dei rapporti sinceramente amichevoli”

Gli anni in Grecia e la pittura

Nel 1963 Savini, viene invitato ad Atene da Ioannis Georgakas fondatore del famoso shopping center Minion per collaborare come stilista. Si trasferisce in Grecia con la giovane moglie ed una bimba di pochi mesi per lanciarsi nella delicata ma stimolante sfida di disegnare, nella moda dell’Atene della rinascita culturale e civile ma anche del glamour e della modernita, quella di Seferis, di Teodorakis, di Papandreu, della Callas e Onassis, una nuova linea ispirata allo stile italiano.

“Le sue nuove collezioni sostituiscono alle giacche armadio e ai calzoni a bandiera un verbo nuovo, una linea più sciolta, nuovi colori” come scriveva nel 1964 Luca Goldoni.

Ad Atene si lega al gruppo Arte ed Impegno che raccoglie pittori, scultori, poeti e filosofi e costituisce una voce di cultura e impegno nel panorama di rinnovamento sociale negli anni della rinascita greca.

Nonostante la lusinghiera accoglienza delle sue collezioni alle sfilate, le favorevoli recensioni su riviste di stile e quotidiani, non è nella veste di stilista che sente di esprimersi in maniera totale ed autentica.

Dopo gli esordi negli anni Cinquanta, gli anni ad Atene tra il 1963 e il 1967 segnano, infatti, un momento cruciale per la sua svolta artistica. In questo contesto, rafforzato dalla frequentazione di circoli culturali e dai rapporti con intellettuali e artisti si completa il percorso, già avviato in anni precedenti, dalla moda alla pittura, stimolando una convergenza tra le conoscenze e gli studi della storia dell’arte italiana e occidentale con le suggestioni provenienti dalla riscoperta del fascino dell’antica arte greca.

“In Grecia tutto mi appare sempre come un sogno bellissimo… è lì che rivivo l'epoca della grande arte ellenica. I maestosi monumenti, la stessa atmosfera storico-religiosa, tutto insomma, mi sprona a nuove idee: è un lievitare continuo nell'arte; nuovi orizzonti aprono la mia mente a idee nuove”.

Nel Natale del 1965 il ministro della Pubblica Istruzione greco gli attribuisce il primo premio a un concorso per la pittura per l’opera “Amore e dolore”, dedicata ai caduti della guerra. L’opera è accompagnata da un a sua poesia, letta pubblicamente dal metropolita greco nel segno della riconciliazione e della pacificazione sociale.

Dedica sempre più tempo allo studio delle forme, dei colori e della materia dell’arte greca, collabora con il maestro Kostantopulos e frequenta l'Accademia di Belle Arti.

Nascono le opere mature, raffinate elaborazioni basate su una tecnica profondamente originale, capace di parlare un linguaggio universale sui grandi temi dell’esistenza umana. La gamma cromatica evoca i toni dell’antica pittura vasale, la rappresentazione della figura umana è leggera, monocromatica, quasi una traccia di colore su materia ruvida, e che, al contempo, si fonde con le istanze del Novecento. Sono gli anni di opere come le “Bagnanti” (con cui vincerà in Italia il Premio Sant’Ambroeus e l’Ambrogino d’oro). le “Armonie” dove le figure femminili si muovono eteree nello spazio senza dimensioni e fuse, attraverso sfumature cromatiche, con gli elementi di sfondo esprimendo una nobile sensualità nelle tonalità calde dei colori.

"Lavora libero -osserva la critica greca- senza arrivare allo scioglimento della forma, ha sensibilità nel colore, movimento nelle figure e crea un’atmosfera di sogno e poesia."

Il disegno e la scultura (anni ‘70)

Dopo il colpo di stato militare in Grecia, fa ritorno in Italia. Si stabilisce a Milano e Roma dove, in piazza Barberini, ha il suo studio che è un punto di riferimento tra numerosi spostamenti “Viaggiare per conoscere altri luoghi e altra arte”, diceva dei suoi viaggi “…con un bagaglio leggero in una mano e una cartella di schizzi e appunti nell’altra. Un’esigenza vitale per creare distanze tra un'ispirazione e l'altra”. 

Tra la fine degli anni ’60 e gli anni ’70 cambiano i luoghi di soggiorno ma non la ricerca contenutistica e formale sempre nell’ambito del figurativo. Alla produzione pittorica si affianca ora quella del disegno, in cui si apre una nuova modalità di espressione artistica sempre nella ricerca di una linea semplice ed elegante che racchiuda in un solo gesto grafico l’essenza stessa dell’adolescenza, dell’amore, della maternità, della vecchiezza o i diversi tempi del vivere interiore, la malinconia, la memoria, l’estasi. 

Ritorna in Croazia e Zagabria già visitati nel 1967. “Per i vostri artisti di naïfs ho solo parole di grande entusiasmo – dice Savini – specialmente per le opere di Ivan Večenaj e ovviamente Ivan Generalic…Ho comprato “Kiklop” [di Ranko Marinkovic] e cercherò di coinvolgere i nostri editori per la sua traduzione”

Si fa promotore di iniziative culturali in Italia e dell’organizzazione delle prime esposizioni a Sirmione, Palazzo dei Congressi (1968) in cui cura la prefazione al catalogo, Roma, Palazzo Braschi (1970) e Milano;. conosce l’opera di Mestrovic.

Negli anni 70 la scultura arricchisce la sua gamma espressiva. La fisicità della materia da plasmare è la nuova frontiera di espressione, sfida per eccellenza, per chi aveva creduto, in pittura, alla semplificazione della forma, alla perdita della profondità, alla levità della rappresentazione. 

 

Tuttavia, è il bronzo a fornire gli strumenti adatti a esprimere i temi del possente abbraccio dei lottatori, del tormento interiore che diventa fisico, del pugile colpito prima che cada ma anche dell’estasi d’amore, la dolcezza della seconda attesa, l’incanto dell’armonia ritrovata.

 Nei suoi bronzi i soggetti acquistano personalità e vigore fisico come nelle forme complesse ed armoniose di Solidarietà, Lottatori, Dolore, Paolo e Francesca 

 

Numerose sono le esposizioni, i servizi giornalistici e i premi ricevuti.

L'attività culturale e artistica (anni ‘80)

Tra gli anni ’70 e ’80 continua la sua produzione artistica e l’ impegno nella vita culturale e civica con la partecipazione alla giuria di numerose edizioni del Premio Poesia e Pace organizzate dalla rivista Arte e cultura. Il tema della pace e della lacerazione della guerra si ritrova nell’opera “Il Fiore” realizzato ad Ortezzano (Marche) monumento di 5 metri in memoria dei Caduti di tutte le guerre., che raffigura due petali di un fiore, simboli della pace e della giustizia, che avvolgono il globo terrestre, in un’opera astratta che richiama l’attenzione contro la logica bellica. 

L'ultima produzione: la riscoperta dei Maestri

Tra la metà degli anni ’80 e la prima metà degli anni ’90, Savini si dedica a un’ultima ricerca compiuta sulle opere di antichi maestri del disegno dal ‘400 in avanti. La rinnovata attenzione alla forma e all’eredità culturale lo conducono in biblioteche, raccolte pubbliche e private per cercare e studiare i “classici” dell’arte a cui sente di dovere un tributo personale. Scaturisce da qui l’ultima produzione di disegni, a volte d’aprés o rivisitazioni più spesso libere interpretazioni. In questi disegni a sanguigna, matita, con inchiostri preparati con pigmenti naturali, provenienti da materiale inorganico e organico, manualmente miscelati e trasformati in colore, Savini ricrea l’incanto di volti di vecchi e visi di donne, di figure possenti e o delicatamente trasparenti, inquiete ed estatiche che emergono, come evanescente riflesso su superficie d’acqua, tra le increspature ambrate di carte antiche anche di secoli.

Nel Giugno del 1995, l’ultimo ciclo di disegni a soggetto sacro destinati al santuario di Nostra Signora di Lampedusa, presso San Remo, rimane incompiuto tra le mani di Marcello Savini che lascia con la sua opera e la sua vita i segni di una forte personalità artistica della seconda metà del ‘900.

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